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domenica 7 settembre 2014

Second chance




"[...] perchè sei qui?"
"A dodici anni ho guidato la mia prima skybike. Era rossa. Dopo centro metri mi schiantai contro un muro. Non ero molto bravo guidare... nello Slum quattrocentoquattro lo vennero a sapere tutti. Tre anni dopo mi schiantai di nuovo. Ero al volante e non avevo nemmeno diciotto anni. L'anno dopo precipitai con un Firefly. Era la prima volta che pilotavo una nave.  Mi sono schiantanto contro un sacco di muri, Zoey. Alcuni fanno male. Altri... credo di non ricordarmelo perchè ho sbattuto la testa. Mi dispiace per Kevin. E mi dispiace per l'altra volta."


Dita che si intrecciano tra loro.


Lo avevo destato profondamente l'ultima volta che ci eravamo visti. Odiato. Avevo vissuto, come un brutto incubo, gli ultimi istanti di vita di Kevin. Ero riuscita a vedere l'incidente vividamente, provare il suo dolore,  e, per quanto immaginario fosse stato, mi aveva trafitto il cuore.

"[...] non morire anche tu insieme a lui."
"Hai mai amato così tanto da vivere in simbiosi con qualcuno? Conoscersi bene a tal punto che quasi sembra di essere telepatici. Fidarsi ciecamente che metteresti la mano sul fuoco per lei. Ricordi che ti avevo fatto questa domanda un po' di tempo fa? Beh...all'epoca io non avevo ancora capito. Ora sì. E ti posso assicurare che è un'esperienza meravigliosamente spaventosa che si possa provare. Meravigliosa, perchè [...] vedi con occhi che non sono solo tuoi, ma di chi ami. Spaventosa perchè è peggio di una droga, la droga più potente al mondo e che nessun spacciatore ti potrà mai dare. La cosa peggiore è sapere che l'ultimo desiderio che possa aver avuto è che tu possa essere felice e non riuscire nemmeno in quello a soddisfare le sue ultime volontà perchè ti manca terribilmente." 

Punta del naso che ricerca l'incavo del collo per assaporare il profumo della pelle.

"Hai qualche consiglio da darmi?"
"Si... Lascialo andare."

    Quelle due parole sono state come un pugno nello stomaco perché, per quanto sapessi che fosse la cosa più sensata e giusta, per quanto avessi provato da sola a farlo senza risultati, alla fin fine non volevo farlo.

"Come si fa a ...lasciar andare una vita intera. Una vita! C'era quando sono nata, quando mi sbucciavo le ginocchia, quando mi sono presa la prima cotta. C'era quando tutti mi credevano pazza, quando mi hanno chiuso in un manicomio, c'era in tribunale sostenendomi contro mio padre... io non so nemmeno da dove cominciare per lasciarlo andare."

Percepirne il respiro come il battito del cuore accelerato.

"[...] Lasciarlo andare non significa dimenticarlo."
"Perchè sei venuto qui?"

Accarezzarne i capelli e il collo con la punta delle dita, delicatamente.

" Non mi andava di guidare. Volevo vederti. Avevo voglia di stare con te."

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    Ricordo una delle prime conversazioni avute con lui, al Bolden Sax. Si era accomodato al mio tavolo perchè era uno dei pochi con una sedia disponibile e c'eravamo messi a chiacchierare.

"Che cosa ti piace fare?"
"Solo una cosa, correre. Per me non c'è nient'altro di più importante."

pallone gonfiato egocentrico.

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    Ecco che cosa avevo pensato di lui. Non sarei potuta essere più lontana di così su chi avessi davanti. E quando mi disse che non aveva voglia di guidare ma di stare con me, presi quelle parole come una dichiarazione ben più significativa di una diretta.


Ricercarne le labbra accarezzandole con le proprie, desiderandole, assaporandole avidamente.

" [...] non lo so se riuscirò mai  ad amare di nuovo, né tanto meno se riuscirò ad amare più di quanto abbia amato lui. L'ultima cosa che voglio è farti del male perchè ti voglio bene, sinceramente e con tutto il mio cuore [...] ma mentirei se ti dicessi adesso che ti amo e non voglio farlo."
"Ma io non voglio che me lo dici adesso. Preferisco sentirti dire che va tutto bene. E nient'altro."

Corpi che aderiscono percependo il calore dell'altro che aumenta sempre più a ogni bacio.

 
     Avevo finalmente compreso cosa stava cercava di dirmi ogni volta che mi ripeteva che avevo bisogno di qualcuno che avesse avuto voglia di starmi accanto. Non mi stava consigliando di cercarmelo, ma di vederlo per quello che provava per me, ed io , cieca, continuavo a non capire.


Respirare all'unisono, godendo di quella sincronia ad occhi chiusi.

"Sicura che il tuo amico non provi nulla per te?"

Gemendo a quel contatto che, come una musica d'orchestra, 
cresce di profondità e intensità sino all'ultimo suono gridato in un soffio.


Jade aveva compreso, io no.





    Mi ero svegliata la mattina seguente con le prime luci dell'alba. L'avevo osservato dormire sereno e avevo sorriso. Mi ero giusto sporta in avanti per baciarlo delicatamente per non svegliarlo e gli avevo sussurrato qualcosa che l'aveva fatto sorridere.

"Ora va tutto bene..."